Tanti anni fa, quando il procedimento di spremitura delle olive veniva fatto con l’utilizzo di torchi in legno azionati manualmente, la pasta delle olive doveva essere spremuta più volte per riuscire ad estrarre la maggior quantità di olio possibile.
L’olio extravergine di prima spremitura era letteralmente l’olio estratto dalle olive che erano state spremute per la prima volta.
La spremitura veniva fatta a freddo e consentiva di lasciare praticamente inalterate tutte le proprietà benefiche e le sostanze nutritive dell’oliva, rispetto alle successive spremiture.
Quindi, negli anni in cui la spremitura delle olive avveniva senza l’ausilio di presse meccaniche o macchinari automatizzati, aveva senso parlare di olio extravergine di prima spremitura.
Esiste oggi l’olio extravergine di prima spremitura?
Oggi l’olio extravergine di prima spremitura NON ESISTE.
Semplicemente perché con i moderni macchinari le olive vengono spremute un’unica volta, quindi non c’è una seconda spremitura dalla quale si ricava olio extravergine.
Anzi, una volta effettua la spremitura delle olive, i residui solidi di buccia, polpa e nocciolo (chiamati sansa) non possono essere spremuti una seconda volta dal frantoio e miscelati con l’olio extravergine già estratto in precedenza.
Questo accade per due ragioni.
La prima ragione è che con i moderni mezzi di lavorazione si riesce ad estrarre circa il 90% dell’olio contenuto all’interno delle olive e quindi non c’è convenienza nel fare una seconda spremitura all’interno del frantoio.
L’altra ragione, la più importante, è che la seconda spremitura della pasta delle olive (chiamata anche rimacino delle sanse) all’interno del frantoio è VIETATA dalle norme vigenti.
Quindi, per legge, il frantoio non può spremere una seconda volta la pasta delle olive e unire quest’olio con quello estratto dalla prima lavorazione.
Però la legge consente la lavorazione della sansa per estrarre quella percentuale di olio rimasta all’interno di questo scarto di lavorazione. Questa lavorazione però non viene fatta all’interno dei frantoi, ma presso altre strutture.
Queste strutture lavorano la sansa con solventi chimici per estrarre quella piccola percentuale di olio che contiene.
Quest’olio viene classificato come olio di sansa di oliva greggio, un olio non commestibile che sarà usato per creare l’olio di sansa di oliva solo dopo aver subito il processo di raffinazione che ne eliminerà tutti i difetti.
Come abbiamo visto, oggi non ha più senso parlare di olio extravergine di prima spremitura, perché l’olio extravergine per legge viene spremuto un’unica volta, ma vediamo in quale caso può essere ancora usato questo termine.
Secondo la norma, il solo termine “prima spremitura” non ha alcun valore, però per i frantoi tradizionali (quelli che hanno le presse con i fiscoli) c’è ancora la possibilità di inserire in etichetta solo la dicitura completa, cioè: “prima spremitura a freddo”.
Naturalmente per inserire questa dicitura la lavorazione delle olive deve essere stata fatta realmente a freddo(senza superare i 27°).
Nel caso di frantoi moderni (a ciclo continuo), la legge ammette l’utilizzo solo di due termini: “estratto a freddo” o “prodotto a freddo”, sempre nel caso in cui la lavorazione sia stata fatta realmente a freddo.
Quindi, “prima spremitura a freddo”, “estratto a freddo” e “prodotto a freddo” sono termini che stanno ad indicare lo stesso prodotto.
Altri termini o definizioni sono privi di valore per la normativa.
Insomma, oggi le insidie nel mondo dell’olio sono davvero tante soprattutto a causa di termini che non vengono compresi a pieno dai consumatori e del loro utilizzo improprio, legato più ad aspetti culturali e/o territoriali che alla normativa vigente.
Occhio però, io non bandisco l’uso di terminologie legate più ad aspetti culturali che alla normativa. Anzi ben vengano se posso essere d’aiuto al consumatore per capire meglio le caratteristiche di un prodotto e la sua storia, d’altronde questi sono termini legati alla nostra tradizione e alla nostra storia.
Però a mio avviso non devono essere usati con lo scopo di fuorviare il consumatore e non dovrebbero essere riportati in etichetta, proprio perché legalmente non hanno alcun valore.
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